Così,anni e anni di mal governo di sinistra (e non solo),hanno ridotto l'Italia.

La spesa pubblica, ha dichiarato qualche giorno fa non senza suscitare ilarità,il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, commentando le richieste contenute nell’ormai famosa lettera della Bce, non è “tutta sprechi”; e quindi l’Eurotower non deve esagerare chiedendo di falcidiarla.Ha perfettamente ragione, Fassina. Infatti, nel nostro paese, essa arriva solo al 52% del Pil; un livello che, se si eccettuano cinque nazioni (Francia, Belgio, Svezia, Finlandia e Danimarca), nessuno raggiunge in Europa (lo dice Banca d’Italia, in questo rapporto, a pagina 4). Allo stesso modo, essa è aumentata soltanto di 220 miliardi di euro, negli ultimi due lustri; e, grazie alle due manovre estive approvate recentemente dal Parlamento, nei prossimi anni crescerà soltanto di altri 36 miliardi. Così come, dal 2000 al 2009, la spesa delle Regioni, in media, è lievitata soltanto del 75% (con punte del 143%); passando da 119,3 a 209 miliardi di euro. Il che, ne siamo certi, avrà consentito agli italiani di usufruire di servizi pubblici ancora migliori; come non se ne trovano in alcuna parte del vecchio Continente.La spesa pubblica, dunque, non è “tutta sprechi”:e i politici mica la usano, quasi esclusivamente, per dare posti di lavoro e stipendi ai propri amici.Giammai,forza non siate malfidati.Si prenda Nichi Vendola, ad esempio. Il fatto che abbia deciso di usare 150.000 euro del contribuente pugliese per finanziare una manifestazione del suo amico Vittorio Agnoletto, non rappresenta mica un infame scialacquio di risorse pubbliche (guai a pensarlo); nemmeno se si considera il fatto che, per essere impiegato nel modo descritto, quel danaro sia stato sottratto ai progetti di formazione professionale destinati ai giovani disoccupati.Allo stesso modo, solo un ottuso e fazioso polemista potrebbe sostenere che spendere 87 milioni di euro, per realizzare la nuova sede della Regione Puglia, sia un indecente sperpero di soldi pubblici (soprattutto in un periodo di vacche magre come questo). Siam sicuri, infatti, che i cittadini pugliesi trarranno enormi vantaggi dal fatto che i propri consiglieri regionali possano avere a disposizione una nuova e sfarzosa sede.Si prenda il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo: un vero maestro nell’impiego efficiente dei soldi del contribuente. Il Nostro, per tutelare a dovere i propri corregionali, come dubitarne, ha pensato fosse indispensabile assumere – presso la Regione – una consulente di “sicilianità” (proprio così: avete letto bene). Ma a chi rivolgersi? Presto detto. Ad una persona che, lo stesso Lombardo, aveva scelto – quando era Presidente della Provincia di Catania – quale assessore al “Patrimonio, partecipate e rapporto con il Consiglio”. Meglio affidarsi ad una persona fidata, ad un’amica, per una consulenza sì complessa e delicata. Non vi pare?Per la stessa ragione, il Nostro ha pensato di affidare un’altra consulenza, quella per l’”Organizzazione della sede operativa di Messina, informazione cittadinanza zone alluvionate, progettazione ripresa economica e sociale del territorio”, ad un professionista di grande esperienza: un giovanotto di 23 anni, laureando in Giurisprudenza, che nel proprio curriculum scrive: “Impartisco ripetizioni di latino, greco, storia, filosofia e pianoforte” e “pianobar per serate e organista per matrimoni su richiesta”. Codesto luminare, dal contribuente siciliano, percepisce 22.000 euro annui. Meritati, naturalmente; dal primo all’ultimo.Qualche giorno fa, abbiamo scoperto che lo stato ha un patrimonio di 1.800 miliardi di euro (quasi il valore del debito pubblico), costituito da: terreni, immobili, crediti, infrastrutture, concessioni e partecipazioni in società. Quest’ultime riguardano 13.000 aziende pubbliche (tredicimila!). Ebbene, a cosa servono codeste aziende distribuite lungo tutta la Penisola? In teoria, visto che si tratta soprattutto di municipalizzate, ad erogare servizi pubblici; in pratica, a dare posti di lavoro e stipendi ad amici e clientes.Si consideri la società NapoliServizi, preposta alla cura del cosiddetto decoro pubblico. Bene. Nel gennaio del 2011, quando (la mia) Napoli era ricoperta d’immondizia in ogni dove, il Consiglio d’Amministrazione dell’azienda, nominato dalla Giunta Iervolino, ritenne opportuno deliberare un aumento di stipendio, del valore complessivo di 1,7 milioni di euro, per 13 suoi componenti (5.000 euro in più per ogni consigliere). Una cosa normalissima, quantunque scandalosa, nelle aziende controllate dallo stato (o da un qualunque ente locale). Normalissima.Come normalissimo è il fatto che codesta azienda, fin dalla sua nascita, sia sempre stata in perdita; e che il Comune, a più riprese, sia dovuto intervenire per ripianarne i debiti: l’ultima volta lo ha fatto nel 2008, con un’elargizione di 50 milioni di euro.Ma perché è in perdita, questa società? Per capirlo, vediamo innanzitutto come la descrive il Corriere della Sera: “NapoliServizi è considerata un feudo del Pd, degli ormai ex bassoliniani”.Un feudo del Pd. Interessante.Nello specifico, feudo (evidentemente) vuol dire che viene usata per assumere parenti ed amici, clientes ed elettori vari. Qualche dettaglio lo fornisce sempre il quotidiano di via Solferino:“Nel 2001, quando diventa operativa, ha 400 dipendenti, tutti ex lavoratori socialmente utili con contratto a tempo determinato. L’anno seguente ne arrivano altri 44, poi la crescita diventa quasi esponenziale, 470 assunzioni nel 2003, nel 2007 altre 500. Nel 2008, l’anno della grande crisi dei rifiuti, il Comune annuncia solenne l’intenzione di dismetterla. Poi ci ripensa e stanzia 50 milioni da mettere a bilancio per ripianarne i debiti. Nessuno si fa domande sulla causa dell’indebitamento di una società così giovane, e per giustificare l’esborso vengono aggiunte nuove competenze come le pratiche di condono, gestione del catasto urbano e dei terreni, la gestione di eventi sportivi e la vigilanza armata nei parchi, attività che richiede altri esborsi e assunzioni, perché molti dipendenti della società hanno qualche precedente penale, come ammettono i sindacati interni, e per legge non possono certo girare con la pistola alla cintura”.Ecco. Questo è il modo in cui in Italia, dal Nord al Sud estremo, si usano, nella maggior parte dei casi, le municipalizzate. E chi osa affermare che andrebbero (almeno in parte) privatizzate, proprio per sottrarle all’utilizzo vergognoso che ne fanno tutti i politici, come al solito viene accusato, da una pletora di gonzi, di essere null’altro che un affamatore di popolo.Ma non basta.Sempre per rimanere in tema di municipalizzate e di uso “efficiente” delle medesime da parte del Pd, è opportuno considerare cosa statuiscano i regolamenti locali di tale partito.Ebbene, in buona parte d’Italia, il Pd, dalle persone che nomina all’interno dei consigli di amministrazione delle municipalizzate, pretende un “pizzo”. Ovvero: coloro che vengono cooptati nei Cda delle società pubbliche, devono versare una parte dello stipendio che percepiscono al partito.Sicché i contribuenti, che con le proprie tasse pagano le spese delle municipalizzate, non solo sono costretti a mantenere gli amici dei politici assunti all’interno delle stesse; non solo sono costretti a ripianarne i debiti (fatti, per di più, per dare un lavoro a quelle stesse persone); ma devono anche contribuire a finanziare, a loro insaputa, il Partito democratico. Adesso si spiega perché, nel caso della NapoliServizi, sia stato deliberato un aumento di stipendio per 13 consiglieri d’amministrazione.Ma la spesa pubblica non è “tutta sprechi”: ché i politici mica la usano, quasi esclusivamente, per dare posti di lavoro e stipendi ai propri amici.La spesa pubblica, ha dichiarato qualche giorno fa quel gran burlone del responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, non è “tutta sprechi”. Senz’altro.Si prenda, ad esempio, Nichi Vendola.Il Nostro, come noto, è un amministratore pubblico assai coscienzioso; di quelli che, quando c’è da spendere i quattrini del contribuente, lo fanno con estrema oculatezza e nell’interesse esclusivo dello stesso. Infatti, qualche tempo fa, ha ritenuto opportuno spendere 87 milioni di euro per qualcosa di assolutamente indispensabile: una nuova e faraonica sede che ospitasse le riunioni degli assessori e dei consiglieri regionali pugliesi. Come biasimarlo.Allo stesso modo, nel novembre scorso e con apposita “determina”, ha deciso fosse necessario dotare i consiglieri e gli assessori di uno strumento senza il quale, e come dubitarne, essi non avrebbero avuto modo di adempiere il proprio mandato: l’iPad. Il tutto alla ragionevole cifra di 45.000 euro. Avercene di amministratori come Vendola.Ma la spesa pubblica non è “tutta sprechi”. Per carità.Facciamo un tuffo nel passato e consideriamo il governo presieduto dal democristiano Mariano Rumor, e sostenuto da socialisti, socialdemocratici e repubblicani (oltre che dalla Dc).Nell’anno Domini 1973, esso ebbe ad approvare una leggina gustosissima che stabilì quanto segue: le insegnanti e le dipendenti pubblici, con figli a carico, da quel momento sarebbero potute andare in pensione dopo soli 14 anni di lavoro (ai loro colleghi maschi, invece, era già stato consentito di andarvi dopo 19 anni).Questa leggina è rimasta in vigore fino al 1992 e ha permesso a molte donne di andare in quiescenza addirittura all’età di 29 anni.Non lo trovate sublime? No?Avete ragione. Manca il dettaglio più importante.Buona parte di queste persone è ancora in vita. Sono 535.752 (secondo l’Inps e l’Istat) e mantenerle ci costa 9,45 miliardi l’anno.Ricapitolando. Noi spendiamo 10 miliardi di euro per mantenere persone che sono andate in pensione a 39 anni (il più delle volte), dopo averne trascorsi solo 14 a lavoro, e che ne camperanno, in molti casi, altri 20.Però la spesa pubblica italiana non è “tutta sprechi” e compravendita di voti, e chi propone la patrimoniale, aziché tagli alla stessa, non è soltanto un ladro (oltre ché un imbecille).
Senz’altro.