DELL'AMORE E DI ALTRI DEMONI di Gabriel Garcia Marquez

25.02.2012 12:50

Una storia sospesa tra sogno e dolore.

Sullo sfondo il mare dei Caraibi, dove il cristianesimo si scontra con le lingue e i riti religiosi yoruba degli schiavi, ai tempi dell'Inquisizione del Santo Uffizio. L'amore e l'odio, nelle loro variegate declinazioni, si manifestano e si confondono con la follia, il dolore, la speranza, la rabbia (come stato emotivo, ma anche come malattia trasmessa dai cani infetti), dilaniando la mente e il corpo dei protagonisti. I sintomi vengono interpretati dal vescovo e dalla badessa delle Sepolte Vive come sintomi satanici e si preparano le indagini per gli esorcismi. I confini sbiadiscono, la ragione può anche essere una gabbia per la mente (lo dice il medico ateo Abrenuncio!). L'amore nella sua forma più pura è un vero e proprio demone, che non può essere scacciato e solo la morte renderà conforto alle povere anime.

Sierva Maria de Todos los Angeles, una dodicenne indemoniata (o presunta tale) e Cayetano Delaura, l’esorcista che dovrebbe liberarla dalla possessione, vivono una singolare, grottesca, drammatica storia d’amore sullo sfondo di una città di mare, in un’epoca e un luogo indefiniti dell’America centrale dei secoli scorsi (XVIII o XIX secolo?).
Basterebbero queste poche indicazioni della trama per riconoscervi immediatamente alcuni elementi fondamentali della narrativa dell’autore, incentrata, fin dall’esordio con Cent’anni di solitudine, sulla rappresentazione di un mondo fantastico e onirico, estremo, irrazionale e contraddittorio, fatalista e rassegnato, oscurantista ma anche in qualche modo nostalgicamente rievocato e rimpianto, che diviene sintesi di una cultura e dell’anima della società centro e sud americana, con il suo singolare misto di tradizioni, di razze, di religioni e di lingue che la caratterizzano. Pur non avendo un posto oggettivamente indiividuabile né nella geografia né nella storia del subcontinente, le città, i personaggi e le vicende dei romanzi di Marquez ne colgono le costanti e lo spirito più di mille trattati di sociologia, dando vita a un microcosmo parallelo e metastorico per definire il quale la critica ha coniato la fortunata etichetta di realismo magico.
L’apporto che Dell’amore e di altri demoni dà al dispiegarsi di questo universo narrativo è virato al grottesco e al macabro con maggior intensità rispetto alla restante produzione dell’autore. Non una storia corale ed epocale come in Cent’anni di solitudine, non una “normale” vicenda d’amore eccezionale come in L’amore ai tempi del colera, non un teorema fatalista sviluppato fino alle sue estreme conseguenze come in Cronaca di una morte annunciata: ciò che prevale in questo romanzo è la ricerca sistematica del paradosso stridente, che si manifesta già nel titolo (l’associazione dell’amore alla dannazione, un vero e proprio topos della letteratura di tutti i tempi, qui declinato nella sua variante magico-realistica) e si incarna innanzitutto nella coppia dei protagonisti, che intrecciano un amore impossibile sopra l’abisso delle loro opposizioni (bambina-adulto, indemoniata-esorcista, paganità-cristinità, carnalità-spiritualità), per poi ritrovarsi moltiplicato in pressoché tutti gli elementi (primari o marginali che siano) della trama: dalla figura del marchese padre di Sierva Maria a quella di Bernarda, moglie di lui e madre della bambina, dalla personalità del vescovo, guida spirituale e protettore prima, severo persecutore poi di Delaura, alle torve e degeneri monache del convento di clausura dove l’indemoniata viene rinchiusa, per arrivare fino alle comparse dei servi, degli amanti, dei medici che ruotano attorno ai personaggi principali e fanno loro da contorno: tutti sono caratterizzati dal coincidere nella loro personalità e nella loro condotta di connotazioni opposte e antitetiche, quasi l'ostentazione della contraddittorietà fosse il programma che l'autore si è proposto. Ne esce un quadro fosco e polarizzato sugli estremi, che sembra configurarsi come maniera (nel senso che il termine ha come categoria estetica) rispetto all'ispirazione e alla restante opera dell'autore, cosicché la rigogliosità, l'abbondanza e la bizzarra originalità delle invenzioni narrative finiscono per essere apprezzabili più nei dettagli a margine della storia che nelle figure dei protagonisti.

La storia il soggetto, le parole i suoi colori, Marquez non scrive, Marquez dipinge nelle menti dei lettori i sogni che la sua mente partorisce.
Maestro di prosa, in questo racconto Marquez dimostra una proprietà di linguaggio (grazie anche all'ottima traduzione)e una vena poetica particolrmente spiccate, non lascia nulla al caso e la sua capacità di essere dettagliato con pochi termini lo porta veramente nel olimpo.
Il racconto di per se è ai confini della realta,burattinaio della dimensione onirica, si muove tra sogno e realtà lasciando il lettore avvolto in una cappa di mistero e curiosità.
Resta comunque un testo intenso, e affascinante e ricco di piacevolezze linguistiche che si mischiano hai contenuti del testo come lo zucchero nell' acqua .
Nulla più si può dire su un testo che sia per lunghezza che per linguagigo e trama trovo ineguagliabile
La storia lascia il segno, tra clausura, amori platonici,feroci demoni, vizzi, e inquisizione porta alla fine del romanzo pronto a ricominciarlo in qualsiasi momento.

 

                                                                    VOTO  8