Scusate una domanda:ma perchè il Governo Berlusconi cadde?Scritto da:Rossana De Lucia
Tensione e incomprensione lacerarono l'esecutivo Berlusconi.
I segreti che fioccano dalle segrete stanze evidenziano che il principale colpevole della caduta dell'esecutivo Berlusconi fu Giulio Tremonti. Non a causa del suo continuo ostacolare i provvedimenti con misure necessarie all’economia quasi identici a quelli poi emanati dal governo tecnico di Mario Monti,allo scopo di non genuflettersi dinanzi al Cavaliere ed amici-nemici di governo tipo Brunetta, La Russa o Romani.
La verità è che per colpa del proprio carattere e della convinzione di sentirsi il dominus inattaccabile delle politiche di governo, l’ex ministro dell’Economia diede vita all’interno del governo un'atmosfera di tale tensione e divisione che anestetizzò l’azione governativa e obbligò il Quirinale e l’Europa a staccare la spina ed a appoggiare le condizioni per l’arrivo di Mario Monti e della sua squadra di tecnici
E’ questa la verità sulle vicende italiane del dicembre dello scorso anno? Probabilmente si tratta di una verità plausibile. Infatti sarà pure vero che l'ex ministro dell'Economia sia stato la causa verticistica dell'implosione governativa. Ma è altrettanto vero che accanto a questa causa principale ci sono tante concause non meno determinanti.
Dalla incapacità di troppi componenti del vecchio esecutivo di tenere i nervi a posto e mettere il proprio protagonismo al servizio degli interessi della coalizione e del paese alla eccessiva titubanza con cui il Premier di allora, troppo preso dalla necessità di difendersi dalle continue campagne di aggressione personale, non ha rimesso in riga o fatto piazza pulita dei troppi presuntuosi litigiosi che facevano parte del governo.
Volendo, tra le cause si potrebbe anche inserire il ruolo svolto dal Presidente della Repubblica. Troppo protagonista per risultare, come oggi il Quirinale vorrebbe far credere asettico ed al di sopra delle parti. Ma la questione centrale non è identificare i colpevoli e gli innocenti per rinfocolare polemiche che ormai servono a ben poco.
E’ trarre da quella esperienza un qualche insegnamento utile per il futuro del paese. Affinché gli errori commessi ai danni non solo di un governo democratico provvisto di maggioranza parlamentare ma soprattutto degli elettori che lo avevano votato, non si ripetano nel futuro. L’occasione per mettere a frutto questa esperienza è più che favorevole.
Perché in questi giorni si è aperta una importante trattativa tra le forze politiche sulle modifiche da apportare alla legge elettorale e sulle riforme istituzionali da realizzare prima della fine della legislatura. E sarebbe opportuno mettere sul tavolo del confronto una esperienza che ha riguardato la coalizione di centro destra ma si era anche manifestata negativamente nel governo di centro sinistra di Romano Prodi.
L’insegnamento che emerge da queste due vicende (ma dall’intera storia dei governi della Seconda Repubblica) è che la figura del Presidente del Consiglio primus inter pares come ai tempi della Prima Repubblica rappresenta un elemento di debolezza estrema per l’intero governo.
Perché deresponsabilizza chi la ricopre impedendogli di esercitare una effettiva funzione di comando e di guida sull’esecutivo. E deresponsabilizza tutti gli altri componenti della compagine governativa. Anche quelli che magari pretendono di condizionare gli altri dall’alto della propria presunzione o dalla propria occasione collocazione alla guida di un dicastero strategico.
Fino ad ora l’esperienza della Seconda Repubblica indica che alla debolezza della figura del Presidente del Consiglio ha supplito la figura del Presidente della Repubblica trasformato da notaio della Costituzione in tutore del Capo del Governo. Ma il risultato è stato pessimo. Non per cattiva volontà dei Presidenti del Consiglio e dei Presidenti della Repubblica.
Ma perché tutto è avvenuto per caso e senza una regola istituzionale chiara e definitiva. Per anni si è discusso se innovare la Costituzione puntano sul premierato o sul presidenzialismo. Non si è fatto né l’uno, né l’altro. E ora è arrivato il momento di decidere.